Settimana pianistica di Heidelberg: trentesima edizione

Massimiliano Genot al DAI (Deutsch-Amerikanisches Institut)

Di Rainer Köhl  del RHEIN-NECKAR-ZEITUNG

Donnerstag, 04 Januar 2018

La trentesima edizione della settimana pianistica di Heidelberg è dunque iniziata presso il DAI (Istituto tedesco-americano). Il fondatore del Festival, Martin Münch, continuerà a curare il programma di questa manifestazione dell’Associazione Jahrhundertwende, sebbene viva in Uruguay dal 2017. Inoltre Jakob Köllhofer offre un suo proprio programma.

Con Massimiliano Genot l’inizio è stato all’insegna di opere rare, per le quali l’artista ha un debole. Il pianista italiano, premiato al Concorso Busoni di Bolzano nel 1994, insegna presso il Conservatorio di Torino. Ha iniziato con “Mizmor”, un’opera del suo collega torinese Willy Merz. Il tono sacrale della liturgia ebraica attraversa l’opera che, con suoni che richiamano quelli delle campane, ha dato vita a un’atmosfera di raccoglimento, passando poi a vividi richiami folkloristici. Nel prosieguo luminosi passaggi di ottave parallele hanno donato incanto all’opera.

Con il ciclo di Bartok “Im Freien” è seguita un’altra rarità. Ossessivo e spigolosamente percussivo, il pianismo di Genot dava forma al primo movimento, amalgamando con slancio giocoso la massa sonora e le dissonanze di cui è imbevuta. Le voci della notte, i richiami degli uccelli e delle rane prendevano vita nelle “Musiche notturne”, restituendo vivacità creaturale. Ossessivo poi il movimento finale “La caccia”.

Liszt si mostrò impressionato dal dipinto di Raffaello “Lo sposalizio della vergine” e ne musicò lo scenario nel brano “Sposalizio”. L’opera collegava la sonorità devozionale nello stile di Palestrina con la più bella poesia romantica, interpretata con profondo coinvolgimento ed elevata a grandiose visioni sonore. La seconda “Polacca” è un omaggio enfatico a Chopin, che il pianista ha eseguito interamente in questo spirito: con ritmi elastici e puntati, con ardente espressione, con fiuto per l’ampio rubato e per la libertà rapsodica.

Ha scelto di eseguire Chopin dopo la pausa: divertito, ha interpretato la “Grande valse brillante” op. 18 con un certo preziosismo. Con molto sentimento Genot ha fatto seguire i due Notturni op. 32. Tenera e sognante è risuonata anche la Berceuse op. 57, nella quale ha fatto scintillare delicatamente gli ornamenti in filigrana. Il “Totentanz” è stato poi un’ulteriore sfida al virtuoso. In tutti i passaggi il pianista è stato all’altezza del gesto tenebroso, dell’enfasi iper-virtuosistica, ha inciso nei tasti con risolutezza e furore le selvagge visioni del “Dies irae” e non le ha mai private di puro piacere.

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